Questo lavoro è il primo tassello del progetto sul naufragio che ho realizzato per la tesi della triennale nell’autunno del 2018, e si focalizza sul dolore legato al fallimento di progetti di vita futuri.
Il titolo dell’opera fa riferimento alla legge della fisica che spiega il perché alcuni oggetti anche molto pesanti galleggiano sulla superficie dell’acqua mentre altri, molto più leggeri in realtà, vanno a fondo.
La stessa logica può applicarsi ai casi della vita: a volte ci sono cose che vanno male perché non è proprio possibile arrangiarle in altro modo, nonostante sembrino una buona scelta; sono accordi stonati, abbinamenti sbagliati, sassolini che per quanto paiano leggeri è inutile cercare di far galleggiare.
L’opera rappresenta una serie di oggetti nell’atto di affondare o già dolcemente abbandonati sul fondo di una piscina deserta: sono manichini da salvamento, che richiamano l’idea del salvataggio; una pinna, attrezzo in cui potrei identificarmi; e due abiti da sposa, dai riflessi colorati che ne alterano la percezione, segni del naufragio di un futuro che sembrava già delineato. In superficie, invisibile all’occhio ma percepibile in maniera indiretta attraverso l’ombra che si staglia sul fondo, una ciambella vuota: il tentativo di mettersi in salvo c’è stato ma non è andato a buon fine, e ciò che resta sono soltanto gli oggetti, testimoni muti di ciò che è accaduto.